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Lettera aperta al Presidente del Parlamento Europeo on. Jerzy Buzek

Ill.mo sig. Presidente,

sono Klodiana Çuka, una cittadina italiana di origine albanese. Nata a Durazzo, risiedo in Italia dal 1993; qui ho studiato, ho lavorato, mi sono formata come donna e come professionista fino ad acquisire la cittadinanza italiana dopo 17 anni di permanenza nel Belpaese.

Ed oggi le scrivo, sig. Presidente, in un’ occasione speciale. Oggi che l’Europa apre le sue porte alle popolazioni albanesi e bosniache, non posso che esprimere nei Suoi confronti e verso l’Istituzione che Lei rappresenta la gratitudine per la gioia che mi dà pensare al mio popolo d’origine accolto in terra europea. Come me, tanti sono i migranti che nutrono la grande speranza di poter contribuire alla storia dell’Unione Europea, in termini di cultura e di socioeconomia.

La sottoscritta è figlia di un popolo che riconosco come la mia principale casa, anche se oggi sono un’orgogliosa figlia adottiva di una terra, l’Italia, che mi ha accolto regalandomi una vita fatta di soddisfazioni personali e professionali. Ma soprattutto mi sento figlia di un’Europa che cresce e riveste un ruolo sempre più incisivo nello scenario internazionale

Sono presidente di un’Associazione che si impegna ogni giorno per l’integrazione del migrante – l’associazione Integra onlus – e mi pregio anche di ricoprire di recente la carica di Presidente del Movimento Nazionale Nuovi Cittadini, un movimento che intende lottare per il riconoscimento dell’ “altro” come risorsa, ma soprattutto come essere umano.

Per questo Le dico “grazie, Presidente”, grazie a Lei e a tutti i 27 rappresentanti dei Paesi d’Europa, perchè oggi accogliete il popolo albanese e bosniaco senza troppe remore, riconoscendo loro fiducia verso un futuro fatto di progetti costruttivi.

In questo contesto, illustrissimo Presidente, c’è però una nota dolente, un velo che copre la speranza. Ho provato un profondo rammarico nel leggere su un quotidiano di rilevanza nazionale, nella mia Italia, un articolo che non solo denigra la popolazione albanese e bosniaca, riducendo sia l’una che l’altra a “esseri” capaci soltanto di dare vita oggi ad una “nuova invasione”, ma soprattutto indirettamente contestando la scelta fatta da Lei e dal Consesso che presiede.

Mi consenta di dire che è vergognoso che gli sforzi compiuti dall’Europa per una nuova apertura verso altri popoli venga ridotto a poche righe di dispregio che tanti lettori hanno potuto leggere, creando, così, una triste disinformazione.

Chi denigra l’Albania o la Bosnia dimostra di non conoscere in assoluto la loro storia e soprattutto la storia di chi si impegna quotidianamente per recuperare il tempo rubato da regimi totalitari e per superare le difficoltà della transizione, anche sognando e sperando nella “Terra Promessa”. La storia è ricca delle vite dei migranti, di quanti hanno lasciato la propria terra, se pur con sofferenza, sperando in un futuro migliore, sperando di poter scegliere per sé e per i propri figli una vita serena e dignitosa. E penso che, se anche queste vite non sono raccontate sui libri di storia, esse meritino rispetto e fiducia perché tutti – e dico tutti, italiani, francesi, tedeschi o spagnoli – siamo stati migranti, soli in un paese straniero, ma con la speranza nel cuore di farsi riconoscere e accettare attraverso il lavoro e le buone intenzioni.

Alla luce di tutto questo, Presidente, non comprendo l’inutile panico che un Quotidiano rispettabile come “Il Giornale”  ha inteso disseminare, dipingendo albanesi e bosniaci come delinquenti. No, non lasciamo che si faccia quest’errore perché altrimenti si rischia il ripetersi delle pagine più tristi della storia, le pagine in cui lo straniero è stato schiacciato dal pregiudizio e messo all’angolo come uno scarto.

Mi auguro, sig. Presidente di non averLa tediata, ma di averle espresso tutto il mio orgoglio di essere un’albanese cittadina italiana, cittadina d’Europa, cittadina del mondo.

Nell’augurare a Lei e ai suoi collaboratori un buon lavoro sul percorso di pace e speranza che l’Europa ha intrapreso, porgo

I miei saluti più cordiali

Klodiana Çuka

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