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Servizio del TG3 26.02.2012 – Il Monumento di “Kater i Rades”

Conosciuta come la «Strage del Venerdì Santo», la storia della nave carica di profughi albanesi speronata da una corvetta della Marina Militare Italiana sembra aver ormai superato quindici lunghi anni di aspettative, spiegazioni e risposte ad un evento insensato prima ancora che tragico. Per far sì che la memoria abbia ancora un’eco ben distinta in grado di arrivare a noi al di là di tutte le barriere mentali e delle false credenze è necessario avere dei punti di riferimento, dei simboli che possano invitare alla riflessione e a far tornare a galla la verità.

 

Non è stata la forza corrosiva del mare, né le intemperie del tempo ad intaccare l’emblema di una delle più dolorose tragedie delle nostre coste. Quella stessa nave, che ha visto così tante vite sommerse, ora riemerge ad Otranto e tra ruggine e vetro prende le sembianze di una vera e propria opera d’arte, grazie al talento dello scultore greco Costas Varotsos e all’intervento tenace dell’associazione umanitaria Integra Onlus.

Risulta che vi fossero almeno 100 persone tra donne e bambini il 28 marzo del 1997, Venerdì Santo, quando la motovedetta albanese con a bordo 120 disperati venne speronata da una corvetta della Marina Militare Italiana colando a picco in un minuto. 57 il numero dei morti, 34 quello dei superstiti, 24 i dispersi. Il relitto è rimasto a lungo seppellito a 700 metri di profondità nel Canale d’Otranto, rischiando di essere abbattuto.

“Salviamo questo relitto per non dimenticare”: queste le parole della presidente di Integra Onlus, Klodiana Çuka, ai microfoni del Tg3. La sua voce si unisce al coro di quelle mogli e madri che si sono battute a lungo per salvare la tomba dei loro figli.

Oggi finalmente la nave è un monumento alla memoria degli immigrati albanesi nel porto di Otranto. Un relitto carico di significati, un’immagine nitida che si riflette nei volti di ogni migrante che ogni giorno rischia la propria vita in mare per averne una migliore in terra straniera. Rivive, dunque, la nave Kater i Rates riaffiorando da una ferita che ancora deve rimarginarsi e da un mare che non tradisce mai, continuando ad accorciare le distanze tra le coste albanesi e le spiagge del Canale d’Otranto.

di PAOLA GABALLO

 

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